
Il cyberbullismo è una forma di bullismo perpetrata attraverso l’utilizzo delle tecnologie, in particolare il web e i social network, nella quale una persona subisce un attacco da parte di altre persone che hanno come unico obiettivo quello di procurargli un danno. Può manifestarsi in vari modi, come per esempio attraverso minacce, furti d’identità, aggressione, ricatto, denigrazione, diffamazione, manipolazione, acquisizione illecita.
Quali sono le diverse forme di cyberbullismo
Il cyberbullismo ha un nome diverso a seconda della tipologia di azione commessa. Nello specifico, si parla di:
- Flaming, per indicare i messaggi online caratterizzati da odio e volgarità, che in genere si leggono nei forum e che hanno il solo fine di umiliare qualcuno;
- Trickery, una forma di cyberbullismo nel quale si inganna qualcuno con l’obiettivo di fargli uno scherzo molto pesante;
- Doxing, che consiste nella diffusione online di dati personali e sensibili;
- Impersonation, ovvero quando si finge di essere qualcun altro con l’obiettivo di pubblicare i messaggi scambiati con l’altra persona;
- Cyberstalking, ovvero lo stalking praticato sul web consistente in molestie ripetute che possono anche sfociare in vere e proprie minacce;
- Cyberbashing, che si manifesta quando un gruppo di persone maltratta o picchia un coetaneo, mentre qualcun altro riprende la vicenda con l’obiettivo di mettere il video online;
- Denigration, che consiste nella denigrazione di qualcuno in rete al fine di fare del male e procurare un danno pubblico:
- Harassment, termine che viene utilizzato per indicare le molestie più pesanti, come quelle di tipo sessuale, che possono sfociare anche in minacce di morte.
Quando il cyberbullismo è reato
Il cyberbullismo viene punito in modo diverso a seconda della condotta e della tipologia di reato in cui questa va ad inquadrarsi.
In particolare, tra le tipologie di cyberbullismo citate si ha che:
- denigration, flaming e impersonation possono rientrare rientrare nel reato di diffamazione, disciplinato dall’articolo 595 del Codice Penale;
- flaming e impersonation possono anche rientrare nel reato di minaccia, disciplinato dall’articolo 612 del Codice Penale;
- il cyberstalking rientra nel reato di atti persecutori, disciplinato dall’articolo 612 bis del Codice Penale. Nei casi meno gravi, può prevedere una contravvenzione per molestie;
- il doxing viene sanzionato in base all’articolo 167 del D.lgs. 196/2003;
- il cyberbashing può rientrare sia nelle percosse, sia nelle lesioni, ma nei casi di maggiore gravità può ricadere nel reato di omicidio preterintenzionale, disciplinato dall’articolo 584 del Codice Penale;
- l’harassment è un caso molto delicato da trattare, in quanto bisogna stabilire in base alla condotta l’entità del danno procurato. Nei casi peggiori si può rientrare nel reato di istigazione al suicidio, disciplinato dall’articolo 580 del Codice Penale.;
- il trickery non rappresenta di per sé un reato, ma potrebbe essere il punto di partenza di condotte che sono invece penalmente rilevanti.
Come difendersi
Il cyberbullismo è un fenomeno sociale che trova ampio spazio fra i giovani e i giovanissimi, sui quali dovrebbe essere fatta una campagna di sensibilizzazione di massa. I social network sono la piattaforma privilegiata, che viene utilizzata per prendere in giro qualcun altro per motivazioni futili, come il fisico, l’orientamento sessuale, la sua diversità rispetto al branco.
Le conseguenze sono in genere:
- l’isolamento;
- il rifiuto della scuola;
- la depressione;
- nei casi più gravi, il suicidio.
Le vittime di cyberbullismo che hanno più di 14 anni o i loro genitori nel caso di minori di 14 anni:
- possono chiedere al gestore del sito Internet o del social media utilizzato dai cyberbulli di rimuovere o oscurare i contenuti, entro 48 ore di tempo dalla richiesta;
- nel caso in cui ciò non dovesse avvenire nel giro di 48 ore, è possibile rivolgersi al Garante della privacy e chiedere di intervenire.
Il problema dei contenuti che finiscono in rete è rappresentato dal fatto che basta uno screenshot per propagarne una diffusione pressoché infinita: per questo, nonostante la cancellazione dal web, si rischia spesso che un contenuto frutto della bravata del cyberbullo di turno non sia mai veramente cancellato.
Per questo motivo, a prescindere dall’esistenza delle leggi, il cyberbullismo è un fenomeno che va contrastato sul nascere, attraverso la formazione continua da parte di famiglie, scuole e istituzioni:
- la scuola, per esempio, ha l’obbligo di avvisare la famiglia se il figlio è vittima di cyberbullismo;
- se non lo fa commette reato di omessa denuncia, che è obbligatoria da parte di presidi e docenti, i quali possono anche rischiare un processo civile o penale se non denunciano;
- a loro volta, le famiglie hanno il compito di educare i propri figli a non commettere atti di cyberbullismo.
Dal canto loro, i giovani che utilizzano le nuove tecnologie devono stare molto più attenti: anche il semplice invio di una foto su WhatsApp potrebbe concludersi nella condivisione del contenuto sul cellulare di altre persone con effetti difficili da controllare.
Pertanto:
- è buona prassi non rispondere ai messaggi provocatori perché l’odio non si spegne con altro odio;
- la prima cosa da fare è quella di chiedere ai gestori del sito la rimozione del contenuto e in secondo luogo scegliere se agire in sede civile o in sede legale.
Cyberbullismo: come tutelarsi con l’ammonimento al questore
Le vittime di cyberbullismo che hanno più di 14 anni possono scegliere di difendersi attraverso la via amministrativa: per farlo dovranno esporre quanto vissuto all’Autorità di Pubblica Sicurezza e chiedere al questore l’ammonimento nei confronti del cyberbullo.
Il questore potrà dunque decidere di convocare il cyberbullo e informarlo sulle eventuali conseguenze delle sue azioni, in caso di reiterazione. L’ammonimento scompare nel momento in cui la persona ammonita compie 18 anni.
Considerato che il cyberbullismo è un fenomeno che nella maggior parte dei casi si verifica tra soggetti minorenni, a giudicare i reati commessi è il Tribunale per i minorenni, sia in sede civile sia in sede penale.